Giovan Battista Marino

Giovan Battista Marino (Napoli, 14 ottobre 1569 – Napoli, 26 marzo 1625) è stato un poeta e scrittore italiano.

È considerato il massimo rappresentante della poesia barocca in Italia, identificata, dal suo nome, anche come marinismo.

La sua concezione di poesia, che, esasperando gli artifici del manierismo era incentrata su un uso intensivo delle metafore, delle antitesi e di tutti i giochi di rispondenze foniche, a partire da quelli paretimologici, sulle descrizioni sfoggiate e sulla molle musicalità del verso, ebbe ai suoi tempi una fortuna immensa, paragonabile solo a quella del Petrarca prima di lui. Fu largamente imitato, oltreché in Italia, anche in Francia (dove fu il beniamino dei preziosisti, come Honoré d'Urfé, Georges de Scudéry, Vincent Voiture, Jean-Louis Guez de Balzac, e dei cosiddetti libertini, come Jean Chapelain, Tristan l'Hermite, Philippe Desportes, ecc.), in Spagna (dove influì su Luis de Góngora e soprattutto Lope de Vega), in altri paesi cattolici come il Portogallo e la Polonia, e anche in Germania, dove i suoi più diretti seguaci furono Christian Hofmann von Hofmannswaldau e Daniel Casper von Lohenstein. In Inghilterra La strage degli innocenti fu ammirato e imitato da John Milton, e tradotto integralmente da John Crashaw. Cultore di arti figurative, soprattutto di disegno e pittura, fu lo scopritore di Nicolas Poussin.

Rimasto il punto di riferimento della poetica barocca per tutto il tempo in cui fu in voga, con il XVIII e il XIX secolo, pur essendo sempre ricordato per ragioni storiche, fu indicato come la fonte o il simbolo del "malgusto" barocco. Con la rinascita dell'interesse, nel corso del XX secolo, per i procedimenti analogici della poesia, la sua opera è stata via via rivalutata: letto con attenzione da Benedetto Croce e da Carlo Calcaterra ha avuto poi numerosi esegeti di vaglia, tra cui devono essere ricordati Giovanni Getto, Giovanni Pozzi (per la cura delle Dicerie sacre e del capolavoro Adone), Marziano Guglielminetti (per la raccolta dell'epistolario) e in generale Marzio Pieri. Ulteriori importanti apporti si devono ad Alessandro Martini (Lira), Francesco Guardiani (Adone), Giorgio Fulco (per le ricerche d'archivio).

Ossimori d'amore nell'Adone

Lince privo di lume, Argo bendato,
vecchio lattante e pargoletto antico,
ignorante erudito, ignudo armato,
mutolo parlator, ricco mendico,
dilettevol error, dolor bramato,
ferita cruda di pietoso amico,
pace guerriera e tempestosa calma,
la sente il core e non l’intende l’alma.

Volontaria follia, piacevol male,
stanco riposo, utilità nocente,
desperato sperar, morir vitale,
temerario timor, riso dolente,
un vetro duro, un adamante frale,
un’arsura gelata, un gelo ardente,
di discordie concordi abisso eterno,
paradiso infernal, celeste inferno.

Rosa riso d'amor

Rosa, riso d'amor, del ciel fattura,
Rosa del sangue mio fatta vermiglia,
Pregio del mondo e fregio di natura,
Della Terra e del Sol vergine figlia,
D'ogni ninfa e pastor delizia e cura,
Onor dell'odorifera famiglia;
Tu tien d'ogni beltà le palme prime,
Sopra il vulgo de' fior donna sublime.
Quasi in bel trono imperatrice altera
Siedi colà su la nativa sponda;
Turba d'aure vezzosa e lusinghiera
Ti corteggia d'intorno e ti seconda;
E di guardie pungenti armata schiera
Ti difende per tutto e ti circonda.
E tu fastosa del tuo regio vanto,
Porti d'or la corona e d'ostro ilmanto.
Porpora de' giardin, pompa de' prati,
Gemma di primavera, occhio d'aprile,
Di te le grazie e gli amoretti alati
Son ghirlanda a la chioma, al sen monile.
Tu qualor torna agli alimenti usati
Ape leggiadra, o zeffiro gentile,
Dài lor da bere in tazza di rubini
Rugiadosi licori e cristallini.
Non superbisca ambizioso il sole
Di trionfar fra le minori stelle,
Chè ancor tu fra i ligustri e le viole
Scopri le pompe tue superbe e belle.
Tu sei con tue bellezze uniche e sole
Splendor di queste piagge, egli di quelle;
Egli nel cerchio suo, tu nel tuo stelo,
Tu sole in terra ed egli rosa in cielo.
E ben saran tra voi conformi voglie:
Di te fia 'l sole, e tu del sole amante.
Ei delle insegne tue, de le tue spoglie
L'aurora vestirà nel suo levante.
Tu spiegherai ne' crini e nelle foglie
La sua livrea dorata e fiammeggiante;
E per ritrarlo ed imitarlo a pieno,
Porterai sempre un picciol sole in seno.

[Adone Canto III, 156-160]